Una volta danzavo e ascoltavo tanta, tanta musica: musica da balletto, quella ottocentesca e poi anche quella meno conciliante di Strawinskji. Quindi nei momenti più felici ed anche più infelici la mia testa era piena di musica. Ad un certo punto le mie orecchie hanno cominciato a sentire anche il telegiornale e, soprattutto, ad essere consapevoli di ciò che ascoltavano. Strage alla stazione di Bologna. Strage dell’Italicus. Rapimento di Moro. Tutti i suoni degli Anni di Piombo che si intersecavano con la mia adorata musica classica. STACCO Scrivo questo pezzo sotto il rumore assordante delle bombe: qualche giorno fa a Bruxelles, qualche ora fa a Baghdad, qualche mese fa a Parigi, qualche decennio fa a Beirut. Beirut. Beirut: magari ora nome di questa città non ricorda granchè. Io invece ricordo, ricordo eccome. Forse il mio udito è strettamente collegato alla memoria. Intorno ai 15 anni ero una grande appassionata di fumetti e compravo la rivista “Corto Maltese”. Tra gli articoli uno mi colpì: “Beirut: turismo di guerra”. Spiegava come muoversi in una città che pochi anni prima era considerata meta dei grand viveur e dei playboy dell’Europa e del Mediterraneo, mentre, allo scoppio della guerra civile, la città era stata divisa da una linea verde: di qua i cristiani maroniti, di là le milizie musulmane. Beirut era il paradiso dei cecchini. “Da dove comincia la vostra storia?…Io dico che la vostra storia comincia da una promessa: spezzare la catena dell’odio” Perchè ricordo questa guerra feroce che è più o meno finita nel 1990? Ho visto un film che quando è uscito non volevo vedere, perchè temevo lo strazio psicologico. Quando temo che un film mi colpisca eccessivamente da un punto di vista emotivo, aspetto, aspetto con calma, finchè non si sedimentano le mie paure e finchè non lo trasmettono in tv. Film di rara bellezza sotto ogni punto di vista: “La donna che canta”. Il film comincia con il suono in crescendo di una magnifica canzone. Finisce con il suono delle parole di una poesia infinita. Non riesco nemmeno a immaginare il suono di una bomba, il suono della sofferenza di una donna torturata: ecco perchè canta Nawal, la protagonista. Poi il ricordo: le notizie infinite quotidiane della guerra in Libano. Le bombe. In Italia. I rapimenti. In Italia. Il sospetto. In Italia. I cecchini. In Libano. Bashir Gemayel. In Libano. Walid Jumblatt. In Libano. Chi sono i Drusi? Chi sono i Maroniti? Sabra e Shatila. Ecco sono rientrata nel mio mondo di ragazzina ed ho cominciato -di nuovo- a cercare tutte le informazioni, tutti i nomi che sentivo ossessivamente ad ogni telegiornale. Non c’è niente da dire, nulla più da dire. Solo ascoltare e ascoltarsi l’un l’altro. E ascoltare il suono della meraviglia.
COLONNA SONORA “Ederlezi” a partire dalla versione di Maria Mazzotta e Redi Hasa. “Bella ciao” versione di Manu Chao “Gorizia maledetta” Una canzone, più canzoni di Oum Kalthoum Musica Yiddish “Cupe vampe” C.S.I. “Irata” C.S.I.
COLONNA VISIVA “La donna che canta” tit. or. “Incendies” di Denis Villeneuve da una pièce teatrale di Wajdi Mouawad. “Vai e vivrai” tit. or. “Va, vis et deviens” di Radu Mihaileanu “Valzer con Bashir” tit. or. “Waltz with Bashir” di Ari Folman
COLONNA FILOSOFICA Qualunque discorso o trasmissione nella quale compaia Moni Ovadia Qualunque discorso o trasmissione nella quale compaia Francesco Strazzari (ricercatore di Scienze Politiche a Sant’Anna)