PROGETTO HATEMETER: PARLIAMO DI ODIO ONLINE, ISLAMOFOBIA ED HATE SPEECH CON ELISA MARTINI

L’hate speech è, in generale, un fenomeno massiccio, che negli ultimi anni ha caratterizzato soprattutto la comunicazione social, ma anche quella politica e perfino la vita comune.

Oggi, il nuovo bersaglio è Silvia Romano, che dopo diciotto mesi di prigionia è diventata all’improvviso vittima di una violenza tale da indurre Alberto Nobili, responsabile antiterrorismo della Procura di Milano, ad aprire un’inchiesta per minacce aggravate. Volutamente non utilizzeremo in questo articolo immagini di Silvia.

Questo clima e i fattori che lo generano meritano urgentemente analisi approfondite e contromisure celeri, perché chiunque di noi può essere investito all’improvviso da quest’onda devastante. Libertà e democrazia, spesso citate a sproposito per giustificare impulsi e reazioni oscene, non possono prescindere da un’etica civica e civile, che tenga conto, al di là delle legittime opinioni, della tutela della privacy, dell’empatia e dell’umanità: valori ai quali una società basata sul Diritto non può moralmente né politicamente sottrarsi, pena la sua scomparsa.

L’individuazione dei parametri e della genesi dell’ hate speech online è quindi fondamentale per il suo ridimensionamento e per il contrasto del suo passaggio da manifestazione astratta ad azione reale.

L’idea del progetto Hatemeter nasce dall’esigenza di moderare i discorsi d’odio, creando una contro-narrativa con una reazione adeguata e tempestiva alla violenza della rete.

Il discorso d’odio è infatti un fenomeno che genera categorie “bersaglio”, sulle quali si riversano tutta la rabbia e la frustrazione del momento: muta in base al tempo e alle condizioni in cui si sviluppa. Per cui ha interessato, ciclicamente, il genere, la religione, la provenienza geografica, ma in tempo di quarantena, ad esempio, si è reindirizzato più banalmente anche nei confronti di chi usciva col proprio animale, con un bambino o per specifiche esigenze, anche molto gravi. 

Abbiamo incontrato Elisa Martini, dottore in Sociologia e collaboratrice presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, che ha partecipato attivamente alla ricerca ed alla realizzazione del progetto Hatemeter in Europa per il monitoraggio e l’indagine sul discorso d’odio online, in particolare contro la cultura islamica.

Lo scorso 24 Gennaio all’Università di Trento si è tenuta la conferenza finale del progetto HatemeterPrevenire e contrastare l’islamofobia e i discorsi d’odio online: la piattaforma Hatemeter“.

Il progetto Hatemeter è stato finanziato dal Programma
Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza dell’Unione Europea (2014-2020)

Ho rivolto ad Elisa Martini alcune domande:

Cos’ è l’islamofobia e che impatto ha avuto la rete nella sua diffusione?

Quando si parla di islamofobia, in realtà si parla di razzismo diretto contro i musulmani. Come hanno dimostrato gli studi sull’antisemitismo, le componenti etimologiche di una parola non ne costituiscono un significato completo.  Questo è anche il caso degli studi sull’islamofobia. Islamofobia è diventato un termine molto noto in ambiti accademici e in società. Critiche ai musulmani o alla religione islamica non sono necessariamente islamofobe. 

Costituiscono islamofobia i casi in cui un gruppo dominante tenta di prendere, stabilire e incrementare il proprio potere di definire un capro espiatorio (reale o inventato) e di escludere questo capro espiatorio dalle risorse/diritti/definizioni di un senso di comunità. L’islamofobia funziona costruendo identità musulmane statiche, che sono attribuite in termini negativi e generalizzati a tutti i musulmani. Allo stesso tempo, l’islamofobia è fluida e varia in contesti diversi, perché l’islamofobia ci dice di più dell’islamofobo che dei musulmani o dell’Islam.

La rete ha stimolato e amplificato le manifestazioni di odio verso una molteplicità di gruppi, compresi i musulmani. Il mezzo, inoltre, ha condizionato direttamente il livello dei toni e plasmato nuovi comportamenti e modalità di interazione nelle conversazioni estreme. La rete, quindi, non è MAI neutra. Tant’è che l’islamofobia e i discorsi d’odio dilagano, soprattutto in rete. A riferirlo è l’European Islamophobia Report del 2019, da cui emerge che i musulmani sono tra le prime vittime dell’hate speech in Europa.


Come nasce il progetto Hatemater (Hate speech tool for monitoring, analysing and tackling Anti-Muslim hatred online) e quali competenze e professionalità coinvolge?

Il progetto Hatemeter è uno strumento in rete per misurare, monitorizzare e contrastare il discorso d’odio online nei confronti della comunità musulmana che nasce dalla risposta ad un call della Commissione Europea il cui obiettivo era quello di indagare fenomeni relativi a diritti di cittadinanza europea, lotta alla discriminazione, prevenzione e lotta all’intolleranza. È un progetto che ha coinvolto un team multidisciplinare. Nello specifico, il progetto è stato coordinato dall’Università di Trento, ha avuto come partner la Fondazione Bruno Kessler, Teesside University (UK), University Toulouse1 Capitole (FR) e tre organizzazioni non governative: Amnesty International, Stop Hate UK (UK), Collectif contre l’islamophobie en France (FR). Le lingue di lavoro del progetto sono state italiano, inglese e francese.

Qual è l’obiettivo del progetto Hatemeter?

Il progetto Hatemeter ha avuto l’obiettivo di sistematizzare, aumentare e condividere la conoscenza sull’odio anti-musulmano online e ad aumentare l’efficienza e l’efficacia delle ONG nella prevenzione e nella lotta all’islamofobia a livello europeo.

A tal scopo, abbiamo sviluppato la piattaforma Hatemeter, uno strumento ICT che monitora e analizza automaticamente i dati di Internet e dei social media sull’odio anti-musulmano e che, grazie all’intelligenza artificiale e sempre in modo automatico, produce risposte e suggerimenti per supportare contro-narrative e campagne di sensibilizzazione. Il funzionamento della piattaforma si basa su una combinazione di linguaggio naturale, apprendimento automatico e analisi/visualizzazione di big data.

La piattaforma Hatemeter è stata validata attraverso sperimentazioni condotte in Italia, Francia e Regno Unito da circa duecento operatori e volontari delle tre ONG partner del progetto.

Un ulteriore obiettivo del progetto è stato quello di sviluppare una campagna di sensibilizzazione ah hoc sull’argomento hate speech e islamofobia che ha prodotto il video che vedete qui, realizzato da Matteo Scotton, director & film maker https://www.matteoscotton.com/

Quali sono i Paesi coinvolti nel progetto Hatemeter e quanto è presente in essi il fenomeno?

Come si diceva sopra, i Paesi coinvolti nel progetto Hatemeter sono Italia Francia e Regno Unito. Ovviamente il fenomeno del discorsi d’odio legati all’islamofobia è presente e si sviluppa in maniera diversa da paese a paese. La diversità è dovuta alla storia/radici dell’immigrazione nei paesi e quindi principalmente alla presenza più o meno rilevante delle comunità musulmane all’interno del substrato sociale, ai modelli di gestione delle migrazioni, ai programmi di inclusione delle diverse comunità etniche nonché e non da meno dalla storia di quel paese. Si pensi, ad esempio, in Italia il retaggio che ha lasciato il periodo fascista e l’implicazione che ciò ha avuto nello sviluppo e nell’emergere di gruppi politici di estrema destra, xenofobi e anti-immigrati.

C’è una connessione fra crimini d’odio nel mondo reale e discorsi d’odio, quanto possono queste sollecitazioni sulla rete favorire l’irrigidirsi delle posizioni o delle organizzazioni (politiche) coinvolte?

Per rispondere a questa domanda riprendo un pensiero di Amnesty International rispetto all’ hate speech online. Secondo Amnesty International il discorso d’odio online è diffuso, perché coinvolge innumerevoli utenti della rete, in qualità di vittime o di perpetratori; è liquido, perché si propaga con forza in modo rapido e ad ampio raggio, difficile quindi da contenere; ma soprattutto è pericoloso, perché il suo sdoganamento è al tempo stesso causa ed effetto di un processo di cambiamento culturale che conduce a manifestazioni di discriminazione e intolleranza offline. Rispetto al connubio tra parole d’odio e politica vi rimando alla lettura dei due rapporti del Barometro dell’odio [elezioni politiche 2018 ed europee 2019] sempre di Amnesty International in cui è stato sviluppato uno strumento innovativo per la misurazione del discorso d’odio in rete propagato dai politici sotto campagna elettorale. 


Per quanto riguarda la ricerca puoi citare dei fatti che hanno favorito i discorsi d’odio su social networks e che avete usato come parametro?

Attraverso la piattaforma Hatemeter abbiamo monitorato la rete per circa un anno, da settembre 2018 a novembre 2019. La piattaforma Hatemter è in grado di rilevare dei picchi di interesse rispetto all’odio anti-musulmano in corrispondenza di eventi verificatisi in Italia e/o all’estero. Abbiamo quindi rilevato almeno quattro situazioni in cui si è notato un aumento dei discorsi d’odio verso le comunità musulmane: 1) la scarcerazione di Asia Bibi dopo 8 anni di prigionia, una donna cristiana pakistana condannata per blasfemia da un tribunale pakistano e condannata a morte per impiccagione (novembre 2018); 2) la morte di Antonio Megalizzi, a causa di un attentato terroristico avvenuto a Strasburgo che ha causato in totale cinque morti e undici feriti (dicembre 2018); 3) l’inizio del processo sul caso di Pamela Mastropietro, una diciottenne romana assassinata e smembrata da alcuni spacciatori nigeriani a Macerata. L’omicidio ha causato grande indignazione pubblica, rabbia e sentimenti anti-immigrati, al punto che in un atto di vendetta sei immigrati africani sono stati feriti in una sparatoria da un residente locale (febbraio 2019); 4) gli attentati nello Sri Lanka la domenica di Pasqua, quando tre chiese e tre alberghi di lusso nella capitale sono stati presi di mira in una serie di attentati terroristici suicidi coordinati. Sono state uccise 253 persone, tra cui almeno 46 cittadini stranieri (aprile 2019).

Oggi possiamo dire che si è aggiunto un fatto numero 5) alla lista con la liberazione di Silvia Romano.

Per qualsiasi approfondimento potete trovare la pagina del progetto online alla pagina dedicata interamente al progetto Hatemeter http://hatemeter.eu/

Qui sotto il link al pdf scaricabile (in lingua inglese) del rapporto finale

Final report with transferability standards and guidelines. https://drive.google.com/file/d/1nAtQTPbvdCEqgSLYtw56g0wQilfxSUPd/edit

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