Non ha i frutti di ottobre, non i regali di dicembre: dura poco e non viaggia accompagnato.
La sua luce è fredda, i suoi colori sbiaditi come abiti impolverati, come abiti di guerra.
Novembre muore.
La pioggia di novembre non nutre, non disseta: entra nelle ossa.
Trasforma le strade in fango, dove camminano piedi nudi accarezzati dal filo spinato.
Tra tende che non sono mai casa.
Novembre è straniero.
Il mare di novembre è grigiore e schiuma: cattivo ti tradisce, ti rapisce, ti inghiotte.
Ombre lievi si muovono tendendo le mani, danzano danze macabre sotto spirito, in profondità. Perdute.
Novembre è buio.
A novembre la vegetazione perde la sua battaglia: i muri si alzano, si rivelano.
E la vita si nasconde dentro.
Fuori fa freddo. Fuori è ostile. Fuori sta chi non può entrare.
Novembre è barricato.
Novembre è un nido appeso alle spine di un roseto. È ospitalità perduta. Fuga improvvisa.
Novembre è migrante.
Ti svegli una mattina ed è arrivato: scomodo, silenzioso, torvo.
Non parla la lingua ciarliera dell’estate, non ti capisce, non comunica.
È un grido, spezzato, abortito.
Novembre è muto.
Blu è un artista: non “di” ma “in e “per” la strada. Di lui si sa poco. Pare sia di Senigallia. A partire dal 1999 si fa conoscere attraverso una serie di murales e graffiti eseguiti a Bologna, nel centro storico, nelle zone adiacenti all’Accademia di Belle Arti e in periferia, negli spazi occupati o nei centri sociali. Nel 2001 abbandona le bombolette spray. Comincia ad usare vernici a tempera e rulli montati su bastoni telescopici: ingrandisce la superficie pittorica. Riqualifica case e palazzi fatiscenti, abbandonati o, semplicemente, brutti. Si spinge oltre i confini nazionali. La lotta per la casa, il sostegno al recupero urbano, l’appoggio ai movimenti ambientalisti contro ciò che danneggia il territorio diventano le sue battaglie. Nel 2012, di ritorno da Buenos Aires, Blu si spinge per la prima volta in Africa: attraversa il confine tra Spagna e Marocco, si ferma a Melilla. Vive e vede l’esperienza migrante. Ne nasce un’opera di dimensioni imponenti: le dodici stelle della bandiera europea occupano l’intera facciata di un edificio e diventano il filo spinato che respinge una moltitudine di persone. È una dichiarazione di fallimento all’Europa, incapace di accogliere, chiusa, ostile. A marzo 2016 Blu ed altri writers decidono di cancellare dai muri di Bologna vent’anni di attività: è un’azione di denuncia artistica e politica contro la mercificazione e la privatizzazione della creatività. Alcuni lavori, infatti, erano stati indebitamente rimossi dai luoghi originari per esporli in una mostra convenzionale sulla street art, a Palazzo Pepoli. Anche l’arte, se le togli le radici, perde casa. È straniera. È muta. Scompare.
Proposte di lettura: Due interessanti esercizi di “straniamento” (o spaesamento) per trovare una strada sotto il mare o nel mondo che non ci somiglia. Per non perdere di vista il punto e possibilmente cambiarlo…
Papalagi: discorso del capo Tuiavii di Tiavea delle isole Samoa Stampa Alternativa, 1998 Il capo Tuiavii compie un viaggio in Europa agli inizi del Novecento: ne trae un discorso in cui analizza debolezze e ossessioni dell’Occidente e mette in guardia le sue tribù dal terribile life style del Papalagi (l’Uomo Bianco). Ma si tratta di un falso antropologico: non c’è traccia storica né di Tuiavii né del fantomatico curatore Scheuermann: il libro demolisce in modo ironico e dissacrante pregiudizi e senso di superiorità.
Immagina di essere in guerra
Janne Teller, Feltrinelli 2014 Se oggi in Italia ci fosse la guerra… tu dove andresti? Un esperimento di immaginazione per vivere l’esperienza di un rifugiato.