Questa è una storia quasidamore.
Una storia anni ’90 senza whatsapp, facebook, instagram e compagnia social.
Al massimo due messaggi su un protosmartphone che chiamavamo t e l e f o n i n o. I più audaci c e l l u.
E quindi rimanevi lì, con le parole perse nell’etere, anche per giorni. Senza sapere se la ragione del silenzio era che non c’era campo, che non c’era credito o che proprio non ce n’era.
Il galateo dello stalker suggeriva che dopo un’ora era fatta, dopo un pomeriggio era cucina a fuoco lento e dopo una settimana era la morte del sentimento.
Questa storia inizia in un bar, postazione n.5, quella dietro l’area freccette. C’è casino ma poi dalle casse arriva Patience dei Guns n’ Roses e sotto il tavolo Brian prende le mani di Bianca. Lo fa così, dal niente. Un minuto prima stavano lì, un po’ a chiacchierare e un po’ ad ascoltare e ascoltarsi. Lei una coca, lui una birretta, locale pienissimo, fidanzato ufficiale tre metri più in là, ignaro, sbronzo e discretamente molesto. Poi parte quella canzone e lui lo fa: prende le mani di lei e cominciano a guardarsi così forte che se non avevate compreso la fusione nucleare eccola qua. Hanno vent’anni più o meno e dovete ammetterlo: prendersi le mani a vent’anni è fantastico.
Fidanzato non si accorge e non si accorgerà di nulla per tutta questa storia. Perché in fondo Bianca non gli interessa poi così tanto e perché i nostri non faranno mai grandi cose.
Del resto ve l’avevo detto che è una storia quasidamore.
La scena si sposta all’esterno. Brian fuma e il fumo sale su, lento e sottile. È un novembre gelido con un cielo in hd e stelle tremanti ma pronte. Anche Bianca trema: non sa reggere il freddo e non imparerà mai. Quindi lui, come da manuale, le offre la giacca e le alza il mento.
Ma che figa sei quando un uomo (be’… un ometto, dai…) ti alza il mento?
“Vedi? Di là c’è Andromeda e quello è Orione”.
Anni dopo Bianca l’avrebbe beccato a fare lo stesso con una Chiara qualunque, e ridendo avrebbe esclamato: “Attenta, solo quelle due conosce!”. Lui l’avrebbe rincorsa fingendo di picchiarla e abbracciandola e ridendo a sua volta.
Perché Bianca e Brian si vorranno bene sempre e non si odieranno mai.
“Se tu fossi magico, a che creatura vorresti assomigliare?” gli chiede una notte
“Credo a un elfo”
“Io a una fata…”
Bianca, coi suoi accostamenti improbabili di lane grezze, vecchi berretti e anfibi consumati.
Coi suoi strani occhialoni e la sua zazzera multicolor.
Brian, col suo nome che deve sempre ripetere due volte e lunghi occhi neri sopra un bel sorriso onesto.
Brian gentile, don Chisciotte in felpa e gazzelle.
Stanno vicinissimi, a cercare un po’ di calore, sdraiati sul cofano della macchina di Fidanzato, tenendosi sempre clandestinamente per mano.
Ogni giorno diventa un’occasione. Lei arriva in città all’alba, in treno, e scende e lo cerca con lo sguardo. Con un po’ di fortuna lui fa lo stesso dal 17 e si augurano il meglio e tanto altro, con gesti e labiali da spie russe.
Alle quattro e mezza lei fugge dalla biblioteca universitaria e si precipita in stazione. Rimane appollaiata sulla prima panchina, gambe incrociate a fior di loto, con i Blur o i Verve, ma soprattutto i Cranberries nelle cuffie. Legge i suoi autori da ventenne: De Carlo, Benni, Pennac, Brizzi… piccoli lampi di ironia che poi lui si fa passare. Esatto, avete capito bene: questi due si scambiano i libri, che è un po’ come limonare col cervello.
Una volta Bianca e Fidanzato sono andati a cena da Brian: eh già, Fidanzato è davvero un po’ easy, e cieco, e per niente innamorato. Comunque Bianca invece è scaltrissima e si è infilata come una volpe d’inverno nella sua stanza. E li ha visti: cercando di memorizzare ogni centimetro quadrato, li ha visti. Attaccati alla parete, di fianco al letto, decine di fogli bianchi dove, col pennarello nero, Brian l’elfo grafomane aveva trascritto ogni frase che lei aveva sottolineato nei suoi libri. Ma proprio tutte. E Bianca ne sottolinea di frasi nei libri! Quella sera ha dovuto ricacciare indietro un litro di lacrime di gioia e forse un po’ di impotenza, nonché l’impulso di saltargli in braccio urlando m a i o t i ( q u a s i ) a m o!
Torniamo sulla panchina, dove Bianca legge, ascolta musica, ma in realtà aspetta. E Brian arriva. Da dietro per lo più, mettendole le mani sugli occhiali, che le rimangono sempre un po’ appannati, come il suo cuore polaroid.
Poi vanno in un bar a sfondarsi di cioccolata calda che scioglie i pensieri.
Non bisognerebbe mai scordare il sapore di quella cioccolata, di quanto importa essere attesi e sapere che si conta un bel po’ e per davvero si è .
Brian è soprattutto il figlio di un padre che non lo ha voluto, ma improvvisamente ha cambiato idea.
Un fragile fascio di dubbi, e proiezioni monche di un se stesso più in là nel tempo, che forse non si piacerà perché lo specchio per anni è stato vuoto. Dovrebbe prendere un treno, su cui Bianca cerca di spingerlo un giorno alla volta. Perché lo vuole risolto, e felice, e scelto.
Le persone scartate sono isole vaganti nel mare di Bianca. Lentamente le attrae e pulisce spiagge, spolvera conchiglie, pianta alberi. Entra in ogni antro, in ogni cavità buia. Accende un fuoco e molte navi arrivano. Molte storie cominciano. Poi lei torna all’acqua, ché quella è la sua casa.
Bianca studia lettere. Ha risposte veloci e nessun filtro. Figlia difficile. Studentessa difficile.
Ragazza colibrì, si innamora ogni settimana. Vuol bene per sempre.
Ha tre nonni e cento sogni messi a stendere, al sole, sfacciati.
Non ha ancora lasciato Fidanzato, ma è nei piani e lo farà presto. Fidanzato è il numero uno. Non si lasciano facilmente le prime volte, ma è un fatto che al momento vivano ai lati opposti di un buco nero: lei ha attraversato il buco, sconfitto lo spazio-tempo e parlato la lingua delle stelle.
Bianca è salva. Ciao ciao Fidanzato.
Mentre si raccontano la vita, Bianca e Brian non si toccano. Si sfiorano casomai, che è molto diverso. Intanto regolarmente perdono tre treni e due corriere. Tornano a casa sempre troppo tardi, con le anime ancora un po’ incollate. Di solito lui la chiama prima delle dieci e la richiesta è sempre la stessa: “Fammi ridere”. Che vuol dire “Levami questa coperta di tristezza”.
Allora lei immagina per loro viaggi e avventure: c’entrano sempre l’Irlanda, l’oceano e Berlino. Intanto Bianca disegna su un vecchio quaderno: una X per ogni volta che ha voglia di dirglielo ma poi non glielo dice. Centinaia di X e rimorsi.
Certi venerdì la mamma di Brian lo passa a prendere in macchina e guida lui, per fare un po’ di pratica. Danno un passaggio anche a Bianca, che trascorre il week end nella loro valle. Da Fidanzato.
La mamma di Brian è una complice perfetta e insieme sfottono la tensione del neopatentato, il che è abbastanza discutibile, perché un giorno lui sarà Brianlautista. Comunque il viaggio dura sempre troppo poco e Bianca non vorrebbe mai scendere e affrontare il dopo.
Oggi Bianca ha deciso: basta X. Basta timori e basta Fidanzato. Perciò abbandona la biblioteca prima del solito, senza un copione, ma qualcosa si inventerà. Rapida sguscia fuori e si infila a rotta di collo lungo le strettoie del centro. Misura il fiato e stringe la sua borsa, perché non vomiti tutto il contenuto di appunti, e classici piratati, e inadeguatezza. Come le accade proprio quando non se lo può permettere. Supera Piazza Grande, supera le Mura e poi succede. Qualcuno le afferra un braccio da dietro e lei si volta con un ruggito a fior di labbra, perché non è il caso, non è il momento…
“Ehi Biancaneve, rallenta!”
Esatto: come nella più classica delle scene holliwoodiane Brian l’ha raggiunta alle spalle. Ha preso un’ora di permesso e per farle una sorpresa si è appostato all’ingresso della facoltà. Ma poi lei è schizzata via come una meteora e gli ci è voluto non poco impegno per raggiungerla.
“Ma corri sempre così quando esci da Intelligentonia?”
È lì. Vorrebbe dirlo.
Dovrebbe veramente, perché aveva deciso.
S o l o s e d e v o v e n i r e d a t e … Dai Bianca!
Invece la frase rimane a metà strada. Non esce proprio. La realtà è che Bianca è timida, ma nessuno lo sa. Perchè la ragazza scherza con tutti. Consola tutti. Aggiusta, distende e mette in fila.
Quando non si tratta di lei.
Ahi ahi Bianca: si è aperta la fiera delle occasioni perdute. In questo inverno al miele due come voi dureranno il tempo di una nevicata in pianura.
Questo pensa Bianca… lo pensa fino a che sente le sue dita scivolare tra quelle di Brian.
O è stato viceversa? Ecchillosà? Così quello che le si era annodato dentro, magicamente si slega, si appoggia al cuore, sale su e in un attimo salta fuori:
“ Corrocosìsolosedevoveniredateperchèmipiacianzisonoinnamorataevogliostartivicino”
1,2,3…
“Vogliochemivuoi”
4,5,6…
“macapiròlogiuro”
7,8,9…
“Ehm… Brian ora dovresti dire qualcosa…”
“Allora…”
“Allora non è un bell’inizio…”
“Bianca…”
“Che c’è? Dico solo che non è un bell’inizio. A n c he i o sarebbe stato carino. W o w poteva essere un segnale positivo. E, be’, S p o s a m i sarebbe stato chiedere troppo… A l l o r a invece non è per niente incoraggiante e…”
“Smettila! No, Bianca… lasciami almeno cominciare il discorso!”
“No!”
“Ma perché? Io devo…”
“No! Ho cambiato idea. Non lo fare. Se non parli posso ancora sperare quello che speravo prima. Invece se parli magari non potrò più sperarlo, finirà… Finirà tutto e io non so se mi ricorderei come si fa quella cosa…”
“Quale cosa???”
“Mettere dentro l’aria e poi buttarla fuori. Nella sequenza e con il ritmo giusto, intendo…”
Brian e Bianca si stringono forte e lui le asciuga lacrime che in tanti mesi non erano mai scese. Sente il profumo di quei capelli ingestibili e la accarezza piano.
“E se io adesso ti baciassi, Biancaneve?”
Oh no Brian! Sei proprio un principiante… ma non te l’hanno spiegato che i baci non si chiedono? I baci si danno ragazzo mio, si rubano, si mandano… mai e poi mai si chiedono!
E così finisce la nostra storia: con un bacio rimasto appeso da qualche parte e un groviglio di promesse a fermare il traffico delle sei.
Del resto io vi avevo avvisati che era una storia quasidamore
Un giovane amore maldestro e pieno di vorrei, che farà il suo corso e vi lascerà un puntino di luce.
Una storia leggera, come leggeri sono gli elfi e le fate.
Una piccola storia.
Forse lui la sta leggendo. Forse lei la scriverà.
In loving memory of Dolores O Riordan, whose song Dreams was all around this story