C’è un filo immaginario teso, sospeso in tutti noi fra obbiettivi raggiunti e obbiettivi irraggiungibili.
Alcuni scrittori, saggi, persone in generale che hanno raggiunto una certa età e serenità dicono che guardandosi indietro in alcuni momenti chiave della propria vita ripercorsi nella memoria si riesce ad afferrare un bandolo della matassa a volte intravedere un senso.
Quel filo che ci tiene sospesi fra il desiderio che il tempo trascorra lento per godersi ogni attimo senza sentirsi improvvisamente troppo vecchi o consumati e la speranza che il tempo voli in ragione delle ferie agognate, il crescere dei figli, il pagamento del mutuo, superare un brutto momento.
Bisognerebbe praticarla con più consapevolezza questa pratica del restare sospesi.
Mi sono imbattuta per caso nella parola “Fernwea” tedesco tradotto provare nostalgia per i posti in cui non si è mai stati. Esiste una parola per descrivere la nostalgia che si prova per le persone che non abbiamo mai avuto l’opportunità di vivere pienamente?
Nell’ultimo libro che ho letto (Le mappe dei miei sogni di Reif Larsen, di cui consiglio la lettura) il protagonista un ragazzino di 12 anni, certo un ragazzino fuori dal comune, ogni tanto si lanciava in descrizioni ferocemente acute nei confronti degli adulti in particolare questa mi ha colpito:
” forse, trovare un equilibrio tra i piaceri dell’evasione e la consapevolezza della finzione era il motivo stesso perché ciascuno di noi leggeva i romanzi, eppure questa sospensione simultanea del reale e dell’immaginario non era mai stata il mio forte. Forse, per riuscire nell’impresa di credere e non credere allo stesso tempo bisogna essere adulti.”
In questi giorni di quiete sotto il caldo sole delle miei pigre ferie estive ho pensato a questo: a come vorrei e non vorrei essere nei pensieri di qualcuno, qualcuno che più volte ha sfiorato la mia esistenza senza mai entrarci del tutto.
Per questo ho deciso di trascorrere i giorni che mi restavano prima del rientro al lavoro sospesa in questa bolla fra l’essere e il non essere fra la terra e il cielo, fra il credere e il non credere.

Nel 2015 è uscito in Italia il film “Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet”, il nuovo film del regista de “Il Favoloso Mondo di Amèlie” Jean-Pierre Jeunet tratto dal romanzo “Le mappe dei sogni” di Reif Reisen. T.S. Spivet (Kyle Catlett) è un bambino prodigio di 10 anni appassionato di cartografia e invenzioni. Vive in un ranch nel Montana insieme alla mamma (Helena Bonham Carter), esperta di morfologia degli insetti, al padre, cowboy nato nel periodo storico sbagliato, a sua sorella quattordicenne che sogna di diventare Miss America e a suo fratello gemello Layton. Un giorno T.S. riceve una telefonata inaspettata dall’Istituto Smithsonian che gli annuncia la vittoria del prestigioso premio Baird per la sua invenzione di un dispositivo dal moto perpetuo. All’insaputa di tutti, per ritirare il premio e tenere il discorso di ringraziamento, T.S. salta su un treno merci e intraprende il suo straordinario viaggio attraverso l’America in direzione Washington… ma allo Smithsonian tutti ignorano che T.S. è solo un bambino!