Non capisco bene cosa stia succedendo in America in questo momento, le notizie qui arrivano poco:frammentarie, confuse. Ormai l’informazione assomiglia sempre di più alle notizie che trovi in rete: occhio ai fake, verità di parte, poca obiettività. Ognuno racconta la sua verità ed i fatti diventano incomprensibili.
Ogni storia è sicuramente una storia a se stante ma l’ondata di razzismo e violenza sembra dilagante.
Era il 28 agosto 1963 quando Martin Luther King davanti al Lincoln Memorial di Washington al termine di una marcia sui diritti civili a Washington pronuncia durante il suo discorso queste parole: “(…) C’è chi domanda ai devoti dei diritti civili: “quando sarete soddisfatti?” Non potremo mai essere soddisfatti, finché i negri continueranno a subire gli indescrivibili orrori della brutalità poliziesca. (..) Io non dimentico che alcuni tra voi sono venuti qui dopo grandi prove e tribolazioni. Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di prigione. Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la libertà sono stati colpiti dalle tempeste e dalla persecuzione e travolti dai venti della brutalità poliziesca. Siete i reduci della sofferenza creativa. Continuate con il vostro lavoro, nella fede che la sofferenza immeritata ha per frutto la redenzione. Tornate nel Mississippi, tornate nell’Alabama, tornate nella Carolina del Sud, tornate nella Giorgia, tornate in Luisiana, tornate nelle baraccopoli e ai ghetti delle nostre città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare e cambierà.
Non indugiamo nella valle della disperazione. Oggi, amici miei, vi dico: anche se dobbiamo affrontare le difficoltà di oggi e di domani, io continuo ad avere un sogno. È un sogno che ha radici profonde nel sogno americano.
Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgerà e vivrà il significato vero del suo credo: noi riteniamo che queste verità evidenti di per se’, che tutti gli uomini sono creati uguali.
Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Giorgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternità.
Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce il caldo afoso dell’ingiustizia, il caldo afoso dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l’essenza della loro personalità.
Oggi ho un sogno! (…)”
Non posso, non riesco a decifrare un continente che non conosco. Riesco a malapena ad intuire che cosa succede nella mia cara vecchia e spezzata Europa. Riesco però a decifrare come mi sento davanti agli abusi, alle prevaricazioni, alla mancanza di significato della violenza ingiustificata della legalità che sconfina in illegalità.
I’m feeling blue e penso a lei: alla Signora del Blues. Billie Holiday che agli inizi del ’39 canto’ per la prima volta in un Nightclub di New York chiamato Cafe’ Society il brano “Strange Fruit”. Un un gesto che cambio’ la storia della musica ( e non solo) americana. Il Cafe Society era l’unico vero nightclub di New York che prevedesse una vera integrazione, rivolgendosi ad un pubblico di progressisti con le menti aperte. Ma la Holiday avrebbe poi ricordato che anche lì aveva paura di cantare la sua nuova canzone; che si misurava in maniera diretta con l’odio razziale, in un periodo in cui la musica di protesta era di la’ di venire. E che rimpianse di averlo fatto (almeno sul momento), quando la cantò per la prima volta. “Non ci fu nemmeno un accenno di applausi quando terminai”scrive nella sua autobiografia. “Poi una persona comincio’ a battere le mani nervosamente. Un momento dopo, improvvisamente, tutti stavano applaudendo.”
“Strange Fruit” e’ stata la canzone simbolo del repertorio di Billy Holiday. Uno dei brani più amati e popolari tra i grandi del Novecento. Ma la storia di questa canzone è ancora più affascinante della sua melodia. Dalla genesi per mano di Abel Meerpol al successo ottenuto grazie alle esecuzioni della Holiday, in particolare appunto al Cafe’ Society, il popolare club newyorkese.
Nel 1939 Billy aveva solo ventiquattro anni, ma aveva già sperimentato sulla sua nera pelle pregiudizi e disperazione, passando, fra l’altro, un periodo in un riformatorio per bambini neri ed un altro in un bordello, dove ascolto’ per la prima volta le registrazioni di Bessie Smith e Luis Amstrong. Poteva insomma autodefinirsi a pieno diritto una “donna di vita”.
Le parole di “Strange Fruit” descrivono un uomo di colore impiccato ad un albero dopo essere stato linciato: è lui lo “strano frutto” che pende dai rami, che lascia “sangue sulle foglie e sangue sulle radici.” Nel 1939 questo brano provocò polemiche ovunque la Holiday lo eseguisse: mancavano ben 15 anni al giorno in cui Rosa Parks si sarebbe rifiutata di sedere nei sedili riservati ai neri su un autobus a Montgomery, Alabama. Mancavano 25 anni alla marcia su Washington di Martin Luther King jr.
“Ho scritto Strange Fruit perché odio il linciaggio e odio l’ingiustizia e odio le persone che la perpetuano. ” Abel Mererpol, 1971
Abel Meerpol scrittore, poeta e compositore scrisse incessantemente (poesie, ballate, musical, commedie) sotto lo pseudonimo di “Lewis Allan”.
Bibliografia:
Martin Luther King jr “I have a dream” – l’autobiografia del profeta dell’uguaglianza”a cura di Clayborne Carson
“Strange Fruit – la storia e il mito di una canzone all’origine del Movimento per i Diritti Civili” di David Margolick
"When nothing goes right, go left."
Ex imprenditrice, ex impiegata pubblica, ex ragazza di un ragazzo. In perenne mutazione a volte voluta altre volte voluta dal caso. Nata sotto il segno della Vergine ansiosa senza speranza ma pronta a combattere qualsiasi battaglia. Rebel, classe, sweetand better: di tutto un po' ma q.b. Vedi tutti gli articoli di maccisun