In una calda notte d’estate, nel mio paese, contemplo il giardino, fatico a prendere sonno.
Guardo una piccola foglia caduta dolcemente di fronte a me, e il tempo rallenta.
Fin da bambina ho avuto il bisogno di stare in spazi aperti; osservo il mutare delle stagioni, mi riposo, mi ritrovo, è per me un universo fatto di piante, altalene e bucato steso al sole; dove guardo da lontano l’affannarsi della vita metropolitana. L’esistenza sembra scorrere lenta e rarefatta, così lontana dal resto del mondo.
Non posso farne a meno.
Tutti dovrebbero poter godere della natura.
Penso a chi ha ideato giardini segreti nascosti sopra i tetti delle metropoli. Lassù.
In alto c’è del “Verde”.
Già dagli anni 20 Le Corbusier teorizza il tetto come abitabile, non più spazio sprecato ma spazio condiviso tra cielo e terra.
(Penso)… Dovrebbero esserci sempre più tetti verdi, più inquilini con spazi condivisi, per guardare le città da un punto di vista diverso.
Io come loro nei rispettivi giardini: fermarsi, ascoltarsi e allungare lo sguardo cercando un orizzonte lontano.