Silenzio, riposo, vuoto. Il niente all’interno di un brano, di una melodia, di un pezzo, di un periodo. Una pausa temporanea che serve a dare senso al resto, indispensabile per reggere il discorso musicale. Una sospensione che sta dentro il brano, non lo interrompe. Ne fa parte. Un vuoto vitale. Senza, la struttura del pezzo crolla. Se trascurato, l’esecuzione risulta insicura, nervosa. Non credibile. Non dice più molto. Anche il linguaggio funziona così. Mettiamo virgole, punti, andiamo a capo. Voltiamo pagina. Prendiamo fiato, introduciamo silenzi. Nello stesso modo abbiamo bisogno di individuare le nostre pause, di inserire spazi tra momenti, periodi, situazioni della nostra vita. Le pause a cui pensare non si riferiscono a ore di sonno o di svago. Sono tempi “fuori da”, senza obiettivi, senza orologio. Momenti di sospensione, di inerzia per rimanere su ciò che viene da dentro. Ascoltare il movimento interiore, mai veramente silenzioso. Anche il silenzio e l’inattività hanno valore di messaggio. In effetti riposo e intervalli ma anche vuoto e noia possono diventare passaggi evolutivi, varchi nella nostra vita profonda. Dare ascolto alla musica che viene da dentro…
