Anche 35 anni fa era settembre.
Mi sono alzata senza aver dormito e ho indossato il grembiule.
Nero, colletto bianco e peró una riga di sfacciate ciliegie sul davanti. Ce le avevo solo io.
E non importava che fossi da subito la più nana , la più occhialuta e già in odor di apparecchio per i denti: avevo il grembiule con le ciliegie io. Tiè.
Mi sono alzata prima di tutti. Consuetudine che ho mantenuto costantemente. Mi piace quella luce lì. Quel silenzio lì. Quella solitudine lì, forse.
È un po’ fare i conti con te stessa prima di partire.
Mi sono fatta le trecce, lunghissime, coi nastri di raso rosso. E sono rimasta seduta sulla seggiolina coi fili di gomma, che la mamma aveva sistemato sotto l’interruttore del bagno per permettermi di pigiarlo da sola.
Ad aspettare.
Ma avevo sbagliato.
Ero una settimana in anticipo. Avevo sei anni e così tanta voglia di cominciare la scuola che mi ero preparata con sette giorni di anticipo.
Da allora è così: torna settembre e torna l’agitazione, l’euforia, la compulsione da cancelleria, i buoni propositi, i fazzoletti per le crisi depressive, mica solo le mie eh.
Tornano i “ciao prof”, “i compiti? Li ho lasciati nella casa del mare/ in montagna/ mia madre ci ha versato il caffè/ il gatto… (ma quante cose indicibili può fare un gatto a dei fogli di carta?)”.
Tornano i sorrisi complici con certi amici e quelli tirati per altri “colleghi”. Che peró è solo l’inizio e quindi, dai, quest’anno andrà bene. Meglio.
La scuola come una seconda casa.
Che non si dovrebbe dire, non è professionale, “questo è un lavoro e non una missione”.
Ma per me è così.
Quando torna, #setorna, è il più bel giorno dopo Natale.
Sempre e per sempre…
Buon anno a tutti.
