Ho immaginato il gatto,
sospeso sullo sgabello alto,
quello accanto
ai libri che non ho tempo
di leggere.
Era una delle mie
mattine migliori,
il buio in attesa,
i rumori ancora impigliati
in ogni ramo scuro della notte.
Ti ho visto camminare
scalzo
sul legno di casa,
annusarmi da dietro.
O forse era il caffè
che cercavi.
E mentre scrivevo
di come si sopravvive
alla sabbia dei sogni,
mi hai sfiorato come sempre.
E mentre come sempre
decidevo distanza,
tu l’hai attraversata,
un tocco leggero,
un dito, lontano dalla luna.
Ho visto il cumulo
di panni,
i piatti ancora da sbrigare,
le parole che non
ho mai smesso di dire.
Sono rimasta seduta.
Se credi
mi ricorderò l’acqua per
le piante,
le porte da chiudere,
ogni luce da spegnere.
Ma non starò ferma
a guardare
fantasmi apparire oltre
le finestre.
Lascerò loro una candela
accesa,
cammineremo nella brughiera.
Ormai so indossare
tutte le mie colpe:
non il non vivere.
Il non vivere no.
