“I bambini erano a Birkenau come uccelli di passo: dopo pochi giorni erano trasferiti al Block delle esperienze, o direttamente alle camere a gas”
P. Levi, La tregua

Almeno un milione e mezzo i bambini persero la vita nei campi di sterminio. Ripetiamolo insieme: UN MILIONE E CINQUECENTOMILA BAMBINI.
Come se sparisse l’intera città di Milano, o l’intero Trentino e quasi tutta l’Umbria insieme.
Dal 1939 i primi a sperimentare i forni furono i bambini disabili tedeschi, tolti alla famiglia con la promessa che sarebbero stati curati. Invece dopo lunghi e dolorosi esperimenti venivano uccisi, per inizializzare il processo di arianizzazione della società. Il programma di eutanasia si chiamava Aktion T4: sterminò 7000 creature, la cui unica colpa era di essere imperfette agli occhi del Reich.
Durante l’Olocausto il 90% della popolazione infantile che subì l’internamento fu eliminato praticamente subito o sacrificato alla causa scientifica del dottor Mengele. Come Sergio De Simone, contaminato artificialmente con la tubercolosi e poi drogato e impiccato a una parete insieme ad altri 20 piccoli. Aveva otto anni.
I bambini, soprattutto neonati e infanti, venivano inizialmente fucilati insieme alle madri o ai nonni che non volevano separarsene, per non pesare sul bilancio del Reich. In seguito però si cominciarono a utilizzare le camere a gas, per risparmiare sui proiettili e anche per evitare lo stress psicologico ai soldati tedeschi, visto che qualcuno tollerava male la vista dei piccoli cadaveri e aveva mostrato segni di debolezza e cedimento. Le esecuzioni vennero dunque affidate ad altri prigionieri, poi a loro volta uccisi per cancellare qualsiasi possibile testimonianza.
Dei 776 bambini italiani deportati ne sopravvissero 25. Tra loro ricordiamo Liliana Segre, Piero Terracina, recentemente scomparso, Sami Modiano e le sorelle Bucci, che all’epoca dei fatti avevano 4 e 6 anni.
Oggi gli ultimi testimoni di ciò che accadde hanno proprio la voce di quei bambini e adolescenti, in un tragico rondò del destino. Liliana Segre, che ha dedicato un’intera esistenza a difendere e proteggere la memoria di ciò che è stato, dice a una platea di studenti e insegnanti riunita al Teatro degli Arcimboldi di Milano: “Ragazzi voi siete fortissimi!”. E ancora: “A me dispiace da matti avere 90 anni ed essere più vicina alla morte che alla vita. Amo la vita, (…) io e le mie compagne di prigionia scegliemmo la vita e di non sprecarne nemmeno un minuto”.
È un messaggio potentissimo: in questa gigantografia di luce, umanità, coraggio e resistenza c’è una tredicenne che ha affrontato tutto il male del mondo, l’inimmaginabile, l’inaccettabile, e ne ha fatto la propria missione: celebrare e difendere la vita e combattere qualsiasi rigurgito di una bestialità che non è sconfitta, ma solo dormiente.
I miei ragazzi le hanno scritto: era novembre e i giorni delle polemiche, dell’assegnazione di una scorta perché la senatrice subiva minacce, della commissione contro l’odio votata solo timidamente dagli altri senatori. E allora le hanno scritto, con parole che non leggerete perché appartengono a noi e a lei.
Ma soprattutto si sono schierati dalla sua parte, piccole sentinelle del Bene, della Giustizia, e lo hanno fatto senza esitazioni: tutti insieme, in piedi, per Liliana.
E io sono fiera di loro e li amo follemente.
Questa è la risposta che ci ha mandato un gelido sabato mattina, che mi ha fatto strisciare in lacime fino al divano e rendere grazie per questo lavoro, che non è solo un lavoro, ma una fucina di miracoli e mi ha dato veramente molto più di quanto abbia investito.
Liliana Segre ascolta tutti, legge tutti, risponde a tutti.
Leggete anche voi, pesate ogni parola di questa preghiera laica, a partire da quel meraviglioso “Cari ragazzi e ragazze”…
Scolpitela nel vostro cuore, ripetetela ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa.
La malattia vi colpisca.
I vostri nati torcano il viso da voi.


23 novembre 2019
ore 10.30

da oltre un anno ho rinunciato (complice l’età) alla mia missione naturale: incontrare i giovani nelle scuole. Per trent’anni ho raccontato agli studenti la “mia memoria “ perché bisogna rompere il silenzio.
Un Paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani, ecco perché spetta a voi, nuove sentinelle, l’esercizio infaticabile sulla memoria, che è la ricucitura (imperfetta) di un percorso di guarigione civile, percorso che serve a mantenere in buona salute la democrazia.
Un principio formidabile, come un albero i cui principali rami si chiamano pace, eguaglianza e libertà.
Spero mi saprete perdonare per l’assenza, vi consegno idealmente il più affettuoso dei saluti e auguri, il futuro è nelle vostre mani e la stella polare che vi guiderà si chiama Costituzione.
Un caro saluto,
Liliana Segre


Grazie. A tutte e due.
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Oh… grazie a te!
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