TROPPE OPHELIA: Endometriosi e Pregiudizio

La modernità così complessa del personaggio di Ophelia sta anche nell’aver rappresentato la tragedia di una condizione totalmente aliena, perché relegata  a una dimensione non integrabile col suo tempo, del femminile.

Ophelia non viene accettata, il suo dolore non viene compreso e sicuramente non è accessibile a chi la circonda.

Questa sua esclusione, questa sparizione metaforica, diventa letterale con la sua scomparsa effettiva, in uno specchio d’acqua dove senza trovarsi cerca il riflesso di se stessa.

Ophelia è dunque vittima della chiusura, dei pregiudizi, dell’ignoranza e della scarsa attenzione dei suoi contemporanei: un’esperienza ancora e sempre attuale per molte, troppe Ophelia.

L’Endometriosi è una malattia femminile cronica e progressiva, che consiste nell’impianto di alcune cellule della mucosa uterina interna (endometrio) fuori dall’utero. Ciò crea focolai endometriosici nel basso ventre e in alcuni casi in altri organi, che reagiscono alla stimolazione ormonale del ciclo mestruale. Questa anomalia determina nel corpo infiammazione cronica dannosa per l’apparato femminile, che si manifesta tramite forti dolori e sofferenze intestinali. Colpisce le donne in età fertile e raggiunge la sua massima espressione tra i 30 e i 35 anni, ma può cominciare già in adolescenza e proseguire anche dopo la menopausa.

QUALI SONO I SINTOMI DELL’ENDOMETRIOSI?

Talvolta l’endometriosi è priva di sintomi e viene scoperta occasionalmente nel corso di indagini eseguite per altri motivi (endometriosi asintomatica), ma teniamo presente che il suo sintomo principale è il dolore. Diciamo che, essendo questo dolore legato al ciclo mestruale, molte persone, non di meno le donne, lo considerano “normale” anche per via di retaggi culturali e famigliari distorti, per cui tradizionalmente la donna è “condannata” a soffrire.

Il dolore si può manifestare come dolore pelvico, dismnorrea (forte dolore mestruale), disareunia (dolore nei rapporti sessuali), disagio rettale:  tutti sintomi che possono essere presenti da tempo come manifestarsi improvvisamente, ma legati a sfere molto intime della vita quotidiana ed affettiva di una donna.

Essendo una malattia che non risulta in apparenza invalidante, spesso viene sminuita, mentre il dolore può essere da lieve ad insostenibile, e non è correlato all’entità della malattia. 

L’endometriosi, sia di grado lieve che di grado elevato, è spesso associata anche alla sterilità e all’irregolarità del ciclo mestruale.

C’è un falso mito su tutti da sfatare: l’endometriosi NON E’ UNA MALATTIA PSICOSOMATICA.

E’ una patologia su cui si e cominciato a indagare intorno agli anni 90 e l’informazione risulta ancora scarsa persino fra i medici. 

Non è raro che alcune donne affette da endometriosi subiscano interventi chirurgici per appendicite o per cisti ovariche presunte, ritrovandosi con dolori più acuti e senza aver risolto, naturalmente, un problema che di fatto non è risolvibile dato che al momento non esiste una cura.

Esistono però strategie per mettere in pausa la malattia (come cure ormonali per sospendere il ciclo, che comportano gli effetti di una menopausa fisici e psicologici).

Questa sottovalutazione e il mancato riconoscimento dei sintomi spesso determinano un ritardo nella diagnosi: si calcola addirittura che ci vogliano 7 anni per capire la natura della patologia. 

Non è raro che durante il lungo e tortuoso percorso che porta alla diagnosi queste donne vengano identificate come ipocondriache, esagerate e leggendo le testimonianze pare che alcune vengano indirizzate addirittura da psichiatri. 

Secondo i dati americani  per la metà delle donne occorre incontrare una media di 5 ginecologi prima di ottenere una diagnosi di endometriosi e, diciamolo, per una donna andare dal ginecologo non è mai un momento sereno, anche se sappiamo bene che è necessario. Si tratta infatti di mettere letteralmente a nudo la parte più intima del nostro corpo, di confrontarsi con un medico su paure e desideri come quello di diventare madre, che in alcuni casi questa malattia preclude, o la possibilità di provare piacere.

Nel mondo soffrono di endometriosi 150 milioni di donne, di cui 14 milioni in Europa e 3 milioni in Italia. Una percentuale pari dunque a circa il 10% delle persone di sesso femminile: praticamente una donna su dieci in età fertile.

Insomma, questo preambolo per dare solo un’idea generale di quella che è una patologia che in realtà si manifesta in modi differenti, che ha sintomi e conseguenze differenti, stadi di malattia vari e che solitamente viene diagnosticata dopo percorsi tortuosi, incontri ravvicinati del terzo tipo con medici, ma sempre nella speranza di capire come mai si continua a stare male, cercando di convincersi che no, non siamo matte, ma qualcosa non va davvero, mentre si tenta di non incolparsi per le proprie “disfunzioni”: dolore che costringe ad assentarsi dal lavoro, frustrazione di non essere capite o di essere sminuite, depressione, senso di inadeguatezza nei confronti delle altre donne, a causa della diversità con cui loro vivono il ciclo o la sessualità con il loro partner, nel caso in cui i dolori coinvolgano la sfera dei rapporti.

Endometriosi e Servizio Sanitario Nazionale.

Con i nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza), attivati in Italia nel 2017, anche l’endometriosi è stata riconosciuta come patologia cronica. È stato introdotto il diritto di usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo per il III e IV stadio della patologia: questo grado di severità costringe infatti le pazienti a sottoporsi ad esami costosi e costanti.

Se siete interessate a saperne di più o a trovare una rete di esperti, consiglio la pagina www.endometriosi.it  dove c’è anche qualche consiglio sull’alimentazione da seguire, che, come specificato, non può essere risolutiva, ma integrativa per raggiunger uno stato di benessere. Oppure su www.apendometriosi.it potete compilare un test finalizzato ad uno studio che si pone come obiettivo quello di indagare la qualità di vita delle donne affette da endometriosi e le ripercussioni che la malattia ha sulla coppia.

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